12 Gennaio 2023
Il Rugby Jesi ’70 ha ritrovato Matteo Albani. Una storia di cuore, fra rientro e matrimonio
I due anni di stop, fra covid e quella fibrillazione da “aggiustare”. Il ritorno, finalmente, in campo, che presto porta in dote la prima maglia da titolare e la prima meta, contro Modena, come una liberazione. Una storia di cuore e quanto tale sia lo si vedrà bene il prossimo giugno. «Cosa mi ha spinto a non mollare? – dice infatti Matteo Albani, 36 anni, colonna del Rugby Jesi ’70 – prima di tutto la mia compagna Sara: anche lei ha giocato a rugby, ci siamo conosciuti al campo e, pur con tutte le dovute cautele e il rispetto dei tempi, sempre lei per prima mi ha trasmesso ottimismo. E mia figlia Vittoria, che ha due anni ma al campo si trova già a casa. E allora sarà lì, al campo, che io e Sara ci sposeremo a fine campionato, il prossimo giugno. Lì la cerimonia, lì il pranzo e la festa, insieme a nostra figlia, circondati da amici e familiari. L’anno del mio rientro in campo culminerà col nostro matrimonio».
In questa stagione che vede il Rugby Jesi ’70 guidato da coach Marco De Rossi attualmente in sesta posizione nel suo girone di Serie B, e in attesa di rientrare in gioco dopo la sosta di Natale il 22 gennaio prossimo in casa nel derby con San Benedetto del Tronto, Matteo Albani ha potuto di nuovo toccare il campo dopo due anni il 27 novembre scorso, contro Bologna.
«Il primo anno di stop – ricorda – l’ho condiviso con tutti, l’anno della pandemia che ha bloccato tutto. Poi l’anno passato, allenatore German Greco, alla visita di idoneità sportiva mi hanno riscontrato una fibrillazione, un piccolo problema cardiaco, e mi hanno fermato. Arrivato a 35 anni, con lavoro e famiglia, in tanti hanno pensato che il mio percorso da giocatore sarebbe finito lì. Invece mi sono sottoposto a due interventi di routine a Jesi e a Torrette, che hanno sistemato l’anomalia, e, coi tempi e le procedure dovute, ho di nuovo ottenuto l’idoneità all’attività agonistica. Con il foglio del via libera in mano, mi sono ritrovato con il fisico di un 36enne che doveva un po’ rimettersi a posto ma con la testa fortissima di un diciottenne all’esordio. Il giovedì ero al campo per l’allenamento con una cassa di birra per festeggiare coi compagni a fine seduta, secondo tradizione, e con una voglia di fare che mi ha fatto subito riprendere tutto ciò che per due anni mi ero perso. Ho fatto bene, ho convinto il coach De Rossi che mi ha premiato riportandomi in campo. Non posso che ringraziarlo».
Rientro contro Bologna. «Un’emozione grande per me e per tutto il mondo rugbistico jesino, di cui faccio parte da una vita. Una festa per tutti e non solo per me: i miei compagni, pubblico e tifosi, i bambini al campo. Dopo due partite da subentrante, contro Modena la prima titolare. E sono andato in meta– dice Albani – straordinario».
Ricorda il giocatore: «I due anni sono stati duri. Ho continuato a fare le piccole cose che potevo fare ma mi sono mancati la partita, lo spogliatoio, il contatto fisico che fa parte del nostro sport. Un grande aiuto me l’hanno dato Sara e nostra figlia. E poi tutta la squadra, il club, il presidente, i dirigenti. Mi hanno sempre aspettato, sono sempre stati attenti». E ora è di nuovo il campo a parlare. «Di ambizioni in prospettiva ne abbiamo. Per quest’anno abbiamo visto che gli avversari che ci stanno sopra hanno qualcosa in più, rose più lunghe e giocatori più esperti. Noi possiamo aspirare alla centro-alta classifica, continuando a fare punti contro le formazioni che più possono essere alla nostra portata, come appunto San Benedetto, che è una neo-promossa che sta facendo bene con un percorso simile al nostro e contro cui dobbiamo puntare alla vittoria e ai 5 punti. Intanto miriamo a crescere negli anni a venire, partendo dal recuperare al rugby alcuni di quelli che nei due anni di covid se ne sono un po’ allontanati».
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